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In questo viaggio attraverso l’apicoltura esploreremo la storia del miele lungo tutto lo Stivale, il ruolo delle api e dei loro allevatori in questa attività e le diverse varietà di miele prodotte nelle regioni italiane.
“E continuerò parlando del miele che
cade dal cielo come un dono divino”
Virgilio, Georgiche
Nascosto fra i campi e le colline del nostro Paese, si annida un settore dell’allevamento che viene spesso e ingiustamente eclissato dalle altre innumerevoli attività tipiche del Made in Italy, sfuggendo all’attenzione quotidiana. Grazie alla sua varietà di suolo e climi, infatti, il territorio italiano rappresenta da millenni terreno fertile per le api e per la pratica dell’apicoltura. Quella del miele italiano è al contempo risultato e promozione dell’eccezionale biodiversità dell’Italia, ed è una delle più vaste e varie al mondo.
L’apicoltura, la pratica di allevare api per produrre miele, cera e altri prodotti, ha radici profonde nella storia umana. Nonostante, infatti, le coloratissime arnie in legno e le tute in materiale sintetico ci abbiano abituati a una visione piuttosto moderna del rapporto fra uomo e ape, il patrimonio artistico a nostra disposizione è una chiara testimonianza della sua longevità.
Dalla Spagna all’Africa, passando per l’India, il mondo è cosparso di pitture rupestri risalenti alla preistoria raffiguranti individui occupati nella raccolta del delizioso miele selvatico, talvolta ricorrendo perfino a tecniche complesse come l’uso di fumo per calmare le api.
Sebbene, poi, sia impossibile dire con esattezza quando l’apicoltura divenne un tipo di allevamento praticato attivamente, ciò che invece appare certo è che essa si configurò come un’attività estremamente rilevante nell’antico Egitto, dove il terreno fertile del Nilo ne permise lo sviluppo.

Coppia di arnie ancora vuote
Grazie a diversi dipinti del terzo millennio a.C. possiamo, infatti, osservare come gli Egiziani idearono l’uso di rudimentali arnie per allevare e gestire le api, di vasi per conservare il miele e di tecniche come l’apicoltura mobile che consisteva nello spostamento delle arnie per seguire la fioritura di fiori e alberi. L’apicoltura si trasformò, così, in un’arte dall’importanza culturale tale che l’insetto divenne simbolo stesso del Basso Egitto.
Da lì, l’apicoltura continuò a prosperare nelle civiltà antiche, fino a giungere dall’altra parte del Mediterraneo presso le due civiltà in cui le fonti storiche si fanno più precise e numerose: i Greci e i Romani. Nel dedicarsi all’allevamento delle api, le due società classiche ereditarono il carico di conoscenze e tecniche maturato dagli Egiziani e lo elevarono ulteriormente grazie a numerose opere sia artistiche che scientifiche.
In questo senso, il più importante autore greco fu, senza dubbio, Aristotele il quale produsse un carico di conoscenze riguardante il comportamento delle api ancora oggi significativo.
Fu così che l’apicoltura giunse, infine, a coloro che sono fra i nostri antenati più prossimi: i Romani. Dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio alle Georgiche di Virgilio, le api rimasero soggetto di interesse centrale per la letteratura latina.
Allo stesso tempo, i Romani affinarono le tecniche di allevamento e raccolta, raggiungendo un livello di sviluppo senza precedenti. Fu il preludio della produzione del miele italiano così come lo conosciamo. E, tuttavia, per arrivare alle tecniche e conoscenze più simili a quelle impiegate al giorno d’oggi, fra cui le moderne arnie, bisognerà attendere l’arrivo dei progressi scientifici dello scorso millennio.

Favi di alveare naturale introdotti in telaio vuoto di arnia
La produzione del miele da parte delle api è un processo lungo e affascinante, frutto di una rigida struttura sociale. Ogni sciame di apis mellifera (vale a dire la specie di ape domestica più diffusa al mondo) è, infatti, composto da tre tipi esemplari che si dividono ogni ruolo della vita del gruppo:
Gli sciami sono, quindi, gruppi fortemente strutturati e organizzati in cui ogni attività ruota attorno alla sostanza che le api usano come nutrimento per la colonia nei periodi di assenza del nettare, e sulla quale si è costruita la pratica dell’apicoltura. E se le api hanno un’organizzazione così complessa, di certo il processo di produzione del miele non è da meno.
Tutto inizia nel tempo di massima attività dello sciame, ossia quello della fioritura. In questo periodo, le api operaie più anziane, dette bottinatrici, si muovono di albero in fiore per raccogliere nel loro stomaco il nettare, una sostanza zuccherina che i fiori producono per indurre gli insetti a spargere il loro polline. Tornate all’alveare, le bottinatrici passano il nettare alle altre operaie che lo depositano in una parte del loro stomaco detto borsa melaria. È qui che alcuni enzimi trasformano il nettare raccolto dai fiori nel prezioso alimento costituito da un mix di zuccheri, saccarosio e sali minerali che tutti conosciamo: il miele.

Apicoltrice che apre un’arnia per controllare le condizioni dello sciame
Completata la trasformazione, le operaie depositano il miele ancora grezzo nelle celle (o favi) del melario, vale a dire la parte dell’arnia situata fra la camera di covata e il coperchio. Il tasso di umidità del composto fa, tuttavia, in modo che abbia una delle sue caratteristiche più famose, ossia la non deteriorabilità.
È per questo che le api iniziano il processo di disidratazione: battendo le loro ali, gli insetti ventilano l’arnia, asciugando il miele finché non arriva al tasso di umidità ideale. Una volta completato questo processo, le celle vengono chiuse con un sottile strato di cera che protegge la sostanza da ogni agente esterno che potrebbe danneggiare la riserva di cibo dell’alveare per i periodi di non fioritura.
In sintesi, la produzione del miele italiano è un sistema complesso e collaborativo da cui dipende la vita dell’intera colonia. È un esempio sorprendente di come la natura abbia sviluppato metodi articolati di cooperazione e adattamento per soddisfare le esigenze di sopravvivenza di una specie. È, inoltre, testimonianza della capacità dell’uomo di stabilire splendidi rapporti con altre specie che portano vantaggi reciproci.
Una volta terminato il periodo della fioritura, e con esso lo stoccaggio di miele da parte delle api, inizia il lavoro dell’apicoltore. Ovviamente, ciò non significa che quest’ultimo non abbia avuto nessun compito in precedenza: il rapporto tra le api e i loro allevatori è, infatti, un legame speciale e simbiotico che si basa sulla cura, la comprensione e il rispetto reciproco. Ogni buon apicoltore che si rispetti lavora incessantemente per garantire la sicurezza dei suoi sciami da malattie, parassiti e predatori come vespe, calabroni e animali mellivori.
Allo stesso modo, l’attività deve ruotare attorno al concetto di sostenibilità: la raccolta del miele avviene in virtù del fatto che le api ne producono in eccesso rispetto al loro bisogno, gli apicoltori si adoperano per non raccoglierne più di quanto sia necessario alla colonia, sia a fornire alimenti alternativi in caso di scarsità di nutrimento. La raccolta del miele è, dunque, un processo delicato che richiede attenzione e dedizione per la sostanza e per coloro che la producono: ogni passaggio è essenziale per la qualità del prodotto finale.

Alveare naturale formatosi in seguito a sciamatura da arnia domestica
La raccolta inizia spesso con l’introduzione nell’arnia di una quantità controllata di fumo, un’operazione che si può effettuare per ogni approccio alla colonia e che rende più sicuro il processo per l’apicoltore. Come è naturale che sia, infatti, le api non reagiscono eccessivamente bene alla presenza di estranei nella loro “casa”. Il fumo le induce, dunque, a riempirsi di cibo in preparazione di una fuga dall’alveare, il che le rende letargiche e meno aggressive. Va reso ben chiaro, tuttavia, che questa procedura non è dannosa né per gli insetti né per la qualità del miele.
L’apicoltore può, quindi, prelevare i telai del melario contenenti il miele e rimuovere delicatamente le api che ancora si trovano su di essi. Una volta comprovata la qualità del miele, si procede con la rimozione dei coperchi di cera che chiudono i favi e con la smielatura, per la quale il metodo più comune è la centrifugazione: i telai vengono inseriti in una macchina che li fa ruotare ad alta velocità, estraendo il miele senza danneggiarli.
Successivamente, la sostanza viene passata attraverso filtri di diverse dimensioni, che rimuovono la maggior parte delle impurità, e versata nei maturatori, grandi recipienti in acciaio inox. Qui, il miele italiano riposa, lasciando che le restanti impurità si depositino sulla superficie o sul fondo in base al peso.
Rimosse anche queste ultime, il processo si conclude con l’invasettamento: il miele viene travasato in contenitori appropriati e sigillato per assicurarne la freschezza e la conservazione. Bisogna ricordare che è essenziale mantenere il miele in appositi contenitori sterilizzati, ermeticamente chiusi e al riparo dalla luce e dall’umidità per preservarne la qualità.
Il miele può subire, in base alla sua composizione chimica, un ulteriore processo chiamato cristallizzazione, durante il quale passa dallo stato liquido a uno stato solido o semisolido. È un fenomeno naturale durante il quale gli zuccheri che lo compongono si cristallizzano, e l’inizio e la velocità del processo dipendono dalla varietà del miele e dalla sua conservazione.

Particolare su ingresso di arnia in periodo di relativa bassa attività
Tra i comportamenti più affascinanti delle api, osservati da Aristotele, c’è la loro abilità di concentrarsi su un solo tipo di fiore alla volta durante la raccolta del nettare. Oggi sappiamo che questo avviene attraverso complesse “danze” con cui comunicano alle loro compagne la posizione delle fonti di cibo.
Pur essendo impossibile raccogliere il nettare da un’unica fonte al 100%, la varietà principale dei fiori determina il tipo di miele prodotto e, di conseguenza, le sue caratteristiche e il suo gusto. Ciò dipende principalmente dalla flora locale la cui straordinaria varietà sul nostro territorio costituisce la base della prospera produzione del miele italiano. Esaminiamo, quindi, alcune delle tipologie più significative prodotte nel nostro Paese.
Vi sono, poi, alcune particolari eccellenze nazionali che vale la pena menzionare.

Differenti varietà di miele in barattolo
Per quanto riguarda i suoi usi, il miele italiano rivela una versatilità sorprendente. Al di là del suo primario uso in campo alimentare, nel quale rappresenta un’alternativa più sana allo zucchero raffinato come dolcificante, le proprietà organolettiche di questo elisir dorato lo rendono un elemento imprescindibile in ogni dispensa. Vediamo alcuni dei suoi utilizzi alternativi, sempre tenendo bene in mente che ogni tipo di miele possiede proprietà differenti:
In altre parole, il miele non è solo un piacere per il palato, ma un vero e proprio alleato per la salute e la bellezza, con un’infinità di impieghi che lo rendono un tesoro naturale da custodire e promuovere.

Usi e benefici del miele italiano
Concludiamo questo viaggio nel mondo del miele italiano con alcuni fatti interessanti.
Linguista. | Appassionato dei mondi di letteratura, media e
tecnologia. | Indagatore del made in Italy.
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